Il mondo del gaming si sta rapidamente avvicinando alla fine del ciclo vitale delle attuali console e nel corso degli ultimi mesi abbiamo ampiamente compreso l’importanza di questo periodo in cui gli sviluppatori hanno piena coscienza della potenza delle piattaforme sulle quali creano le loro grandi perle. A tale esperienza aggiungete anche un grande talento, la fermezza di voler lasciare un segno indelebile, ed un nome: Naughty Dog. The Last of Us è il frutto di quanto appena detto e siamo più che entusiasti di annunciarvi che la posizione della critica internettiana corrisponde a verità: è un capolavoro. Lasciateci spiegare il perché.
La storyline di The Last of Us prende vita in un mondo devastato da un fungo parassita in grado di trasformare le persone in creature violente. In questo contesto i suoi protagonisti principali, un uomo di nome Joel ed una ragazzina di 14 anni chiamata Ellie, devono intraprendere un lungo e tortuoso viaggio alla ricerca di un’organizzazione chiamata “Le Luci”.
Il cammino di Joel ed Ellie non deve essere preso in considerazione soltanto come la necessità di raggiungere un obiettivo perché esso ha un significato di gran lunga più ampio, più crudo, più umano. I due sono l’emblema di due generazioni diverse, una pre-apocalisse ed una post-apocalisse con conoscenze limitate più alla sopravvivenza che ai piaceri della vita. Questo contrasto generazionale è proprio insito in Joel ed Ellie, tanto da risultare evidente nei loro numerosi dialoghi durante le fasi esplorative del gioco. Non è difficile imbattersi nello stupore della ragazzina di fronte alle realtà del mondo, con riguardo agli stessi oggetti che, invece, hanno fatto parte della quotidianità di Joel. La loro difficoltà nel muoversi in uno scenario devastato dalla pandemia va imputata anche ad una popolazione letteralmente regredita sotto ogni punto di vista. I sopravvissuti non contagiati ed armati non hanno regole e pur di allungare la loro vita di qualche giorno sono disposti ad uccidere indistintamente chiunque gli capiti sotto tiro. Una giungla urbana dove vince il più forte, con la prepotenza di chi è spinto oltre il limite ed è costretto a scelte moralmente discutibili.
The Last of Us è principalmente uno sparatutto in terza persona nel quale è possibile sfruttare le risorse sparse negli ambienti di gioco per creare armi artigianali oppure agire in maniera del tutto furtiva, evitando di sprecare munizioni preziose. Nel secondo caso è possibile azionare la modalità “ascolto” di Joel che istantaneamente si concentra per captare i suoni nemici ed identificarne la posizione, anche attraverso le pareti. In caso contrario, il giocatore ha a disposizione uno zaino piuttosto capiente dove trasportare l’armamentario. Sebbene le munizioni siano raccolte raramente sui cadaveri o altrove per la mappa, medikit, molotov, bombe fumogene e quant’altro possono essere craftati al volo in qualsiasi momento della partita; l’importante è avere tutte le risorse necessarie. Le armi sono, invece, suscettibili di miglioramento – in alcune loro caratteristiche – in appositi banconi.
Tra i vari collezionabili sparsi un pò ovunque lungo tutta l’avventura, è possibile anche fare ingurgitare a Joel delle pillole in grado di modificarne alcune abilità come la modalità ascolto sopraccitata, la stabilità di mira, la velocità di crafting e di cura, la salute massima o l’utilizzo del coltello quando si è afferrati dai nemici.
Prima di parlare di quest’ultimi vogliamo aprire una parentesi sulle fasi di combattimento vero e proprio.
Joel ed Ellie si muovono con una fluidità così reale da eliminare qualsiasi barriera interposta tra una fase di calma esplorazione ad una di pericolo puro. Nonostante il design delle ambientazioni offra parecchi ripari dove accovacciarsi e sgattaiolare cercando di non farsi scoprire, alle volte è opportuno ricorrere alle maniere forti. Gli scontri a fuoco sono spesso motivo di concentrazione da parte del giocatore per il semplice motivo che anche le armi reagiscono realisticamente, rinculando e richiedendo un certo periodo di tempo per essere ricaricate: credeteci, non è sempre facile colpire il nemico in mezzo agli occhi! Tra un colpo andato a vuoto ed un nemico che ha incendiato gli altri vicini a lui a causa di una vostra molotov, non è raro che veniate missati: sono essere umani anche loro, quindi sbagliano.
Non perdonano invece gli infetti e soprattutto i clickers: quest’ultimi infatti sono ciechi ma tramite i suoni emessi dalla bocca riescono a sentire ogni vostro respiro. Non è difficile quindi individuarli ma non è facile far perdere le proprie tracce una volta scoperti: ecco perché in alcune fasi di gioco è necessario avanzare lentamente e raccogliere calcinacci o bottiglie da lanciargli come esca affinchè possano distrarsi lasciando così libero il passaggio.
Alle fasi esplorative si accostano anche quelle platform cui i giocatori della serie Uncharted sono già abituati, ove si ha spesso a che fare con edifici fatiscenti… Non crederete mica di entrare ed uscire da questi come persone normali?!
Il multiplayer, chiamato “Fazioni”, induce il giocatore a scegliere se stare dalla parte dei “Cacciatori” o con i membri delle “Luci”. Qualsiasi sia la nostra scelta abbiamo l’obiettivo di rimanere in vita più giorni possibili e mantenere vivi ed in salute i membri della nostra comunità; ogni partita rappresenta un giorno nel mondo di gioco, più ne portiamo a termine e più personalizzazioni si possono sbloccare per il nostro alter-ego. “Caccia ai rifornimenti” e “Sopravvissuti” sono entrambe modalità deathmatch che prevedono lo scontro di otto giocatori, divisi in due squadre, su mappe discretamente ampie. Nella prima modalità però ogni giocatore può effettuare fino a cinque respawn, nella seconda invece non c’è possibilità di rientro favorendo quindi una maggiore cooperazione tra i membri della squadra ed aumentando l’adrenalina durante il corso della partita.
Non esistono classi predefinite, il giocatore può scegliere quali armi ed abilità portare sul campo di battaglia ed in qualsiasi momento craftare oggetti con il medesimo sistema della campagna single player. Ad ogni modo, tutte le partite vanno affrontate con un minimo di strategia perché bastano davvero pochi colpi per crollare a terra e, quando ciò accade, bisogna sperare di avere un compagno a fianco che ci aiuti a rimetterci su due piedi, altrimenti è molto probabile che il nemico venga a darci il colpo di grazia.
Tecnicamente The Last of Us è una vera e propria goduria per gli occhi. Il mondo ricreato da Naughty Dog regala un mix di emozioni che bisogna provare per capirle. Ci si trova di fronte a scenari abbandonati, dove la natura ha cercato di intrufolarsi con impertinenza regalando alla fine scorci dai colori contrastanti: da un lato il grigio cemento mentre dall’altro alberi dalle foglie verdi. Di grande effetto le texture che ricoprono i protagonisti, i cacciatori e gli infetti, per non parlare delle loro animazioni, dei gesti, delle espressioni facciali. A fare da cornice ad un comparto tecnico di prim’ordine è una consona colonna sonora che delicatamente si insinua tra gli eventi e le fasi di gioco, alternata da suoni ambientali che spesso rimarcano il senso di solitudine ed abbandono dei protagonisti e dai siparietti di Joel ed Ellie ottimamente tradotti e sottotitolati in lingua italiana.
Non riusciamo ancora a realizzare come siano passate in fretta le quindici ore spese in The Last of Us. Man mano che il tempo scorreva noi ci affezionavamo sempre di più ai due protagonisti, al loro passato ed al loro goffo legame emotivo. Ancora una volta ci siamo ritrovati coinvolti in una storia di sopravvivenza spietata, dove uomini combattono altri uomini per la fame che li attanaglia e dove ovviamente viene meno il concetto di civiltà per fare spazio all’anarchia totale. La pandemia stessa ed i suoi infetti non sono quindi l’unico pretesto nella trama di The Last of Us poiché Joel ed Ellie sono vivi, dialogano tra loro, si esprimono ed agiscono intelligentemente intrappolando perfettamente in loro una giocabilità ed un’arte visiva/sonora ineguagliabili.
Abbiamo avvertito il terrore in presenza dei clickers per via dei loro versi, dei loro visi sfigurati dai funghi e dalle loro movenze minacciose e speravamo di passare sempre inosservati; altrimenti sapevamo bene cha saremmo caduti in un drammatico game over.
The Last of Us lascia un segno indelebile a chiunque lo gioca, averlo in bella vista nella nostra collezione non è soltanto un piacere ma un imperativo categorico.