Dopo aver raccolto oltre 600.000 dollari appoggiandosi alla piattaforma di crowdfunding Kickstarter, Ron Gilbert, papà di Maniac Mansion e Monkey Island, ha confezionato una nuova avventura grafica punta e clicca che colpirà duramente al cuore i ragazzi cresciuti a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Signori e signore, benvenuti a Thimbleweed Park.
E’ proprio in questa stramba cittadina che nel 1987 vengono chiamati all’azione due agenti dell’ FBI, Angela Rey e Antonio Reyes, per indagare su un caso di omicidio. I due, dall’aspetto inequivocabilmente simile a Mulder e Scully di X-Files, si ritrovano quindi a dover intervistare parte della popolazione locale, scoprendo così altre misteriose realtà che saggiamente s’intrecciano e chiudono il cerchio dei sospettati intorno al cadavere. Non è una casualità, infatti, il dover vestire i panni di personaggi come la programmatrice di videogiochi Delores, lo scurrile clown Ransome e Franklin il fantasma; ognuno di questi personaggi va ad arricchire i retroscena del caso e mostrano un lato di Thimbleweed Park davvero fuori di testa. La caratterizzazione sopra le righe dei protagonisti è certamente una peculiarità delle produzioni di Ron Gilbert, nelle quali non vengono mai meno battute irriverenti, citazioni ad altre avventure grafiche o addirittura la presa di coscienza dell’essere all’interno di un videogame.
Persino il gameplay è un fermo tributo ai titoli del passato, dove ci si muove su scenari a scorrimento orizzontale e le interazioni avvengono mediante l’interfaccia fissata nella parte inferiore dello schermo.
Proprio quest’ultima presenta i classici verbi da selezionare in base all’azione che si vuole compiere; per iniziare una conversazione, ad esempio, occorre prima cliccare su “Parla” e poi sull’NPC che si ha davanti. I protagonisti non condividono lo stesso inventario e sebbene in molte parti della storia questi necessitano dell’aiuto reciproco, il gioco permette di assumerne direttamente il controllo attraverso delle icone posizionate nell’angolo in alto a destra dello schermo. Se parlare vi aiuterà a comprendere i fatti e spillare qualche informazione utile, risolvere gli enigmi si rivelerà un aspetto basilare per la chiusura del caso. A difficoltà difficile (che corrisponderebbe alla normale ndr) alcuni rompicapi riescono a tenervi impegnati anche per una buona mezz’ora, facendovi sbroccare una volta scoperto che la soluzione si trovava davanti ai vostri occhi!
Niente paura per chi non è avvezzo a questo genere, ad inizio avventura è possibile scegliere anche una difficoltà “casual” che prevede un sistema di aiuti integrato egregiamente al contesto di gioco.
La pixel art utilizzata nella realizzazione del titolo affascina ed alimenta volutamente il turbine di emozioni che assale, sin dal primo avvio, i giocatori di vecchia scuola. Gli scenari proposti sono curati in ogni singolo dettaglio ed impreziositi da giochi di luce piuttosto datati ma che nel complesso rimangono sempre di grande effetto. Il doppiaggio è in lingua inglese con sottotitoli e menu in lingua italiana, il tutto accompagnato da una coinvolgente colonna sonora simil-jazz anni ’40.
Thimbleweed Park non è una ventata d’aria fresca nel genere delle avventure grafiche ma è un grande incentivo a riscoprire questo genere che negli anni viene sempre più surclassato da altri. E’ un tributo a quei tempi passati di fronte al vecchio e lento PC di casa, quando non esistevano le guide online ma soltanto quelle nelle riviste in edicola ed a sbloccare quel maledetto passaggio era il suggerimento del compagno di classe. Thimbleweed Park è un titolo che non soffre per via delle sue meccaniche ventennali ed offre tuttalpiù una valida alternanza tra storyline, esplorazione e risoluzione degli enigmi. Proprio a questo ambiva il caro Ron Gilbert ed ancora una volta noi siamo tornati ragazzini di fronte ad una delle sue piccole perle. Se siete giocatori di primo pelo il nostro consiglio è di non lasciarvelo scappare, se invece siete cresciuti a pane e Monkey Island allora bentornati a casa.