Siete tornati dalle vacanze estive e vi sentite ancora insoddisfatti e stressati? Teachland vi porta in una delle location più belle al mondo, l’isola di Banoi. Vi avvertiamo che il soggiorno non sarà esattamente confortevole e, a confronto, stare comodi sulle poltrone di casa sarà un miraggio… questo è Dead Island.
Immaginate quindi di risvegliarvi nella vostra stanza d’albergo con un dannatissimo dolore di testa dovuto alla sbronza della sera passata, un flashback che vi rimanda ai fatti accaduti, alle belle ragazze conosciute e alla musica ad alto volume. Non siete ancora consapevoli del virus che ha reso tutto ciò che vi circonda un obitorio a cielo aperto, trasformando chiunque in orribili non morti costantemente alla ricerca di cervelli di cui cibarsi. Serve davvero poco tempo a capire tutto ciò, ovvero il tempo necessario a raggiungere la porta per uscire dalla camera. Potete scegliere se vivere l’inferno in paradiso attraverso gli occhi di Purna, Sam B, Xian Mei, Logan Carter e cooperare con i superstiti o seguire la “voce” che, attraverso messaggi radio, lancia messaggi di speranza.
A questo punto vi chiederete cosa sia Dead Island, semplicemente un RPG, FPS e survival horror. Elementi ruolistici si presentano sin da subito con la selezione del personaggio con cui intraprendere il corso della trama, ognuno di essi è dotato di proprie abilità ed affinità con particolari armi. L’albero delle skill, sbloccabili progressivamente, è suddiviso in tre sezioni:“Furia”, “Combattimento” e “Sopravvivenza”. E’ possibile infatti far specializzare il personaggio in un solo ramo, in due o in forma mista; come sempre la scelta è del giocatore e dei punti esperienza che guadagna completando le missioni primarie/secondarie e dai non morti che riesce a mettere al tappeto definitivamente. Contrariamente alla moda del momento, non vi sono scelte morali se non quelle di infischiarsene di una richiesta di aiuto in determinate situazioni, cosa che non comporta comunque un diverso atteggiamento nei nostri confronti da parte dei vari NPC o variazioni nel finale di gioco.
Piuttosto interessante la componente sparatutto di questo titolo targato Techland, vi è un valido sistema di crafting e un altrettanto vasto numero di armi da scagliare contro i nemici.
Nelle aree di gioco, infatti, non è difficile imbattersi in componenti all’apparenza inutili ma che una volta assemblati servono a realizzare dei veri e propri strumenti di morte.
I “progetti” che riceviamo con il completamento di quest servono proprio a questo, ad unire tutte le cianfrusaglie che abbiamo racimolato nell’inventario attraverso dei banchi di lavoro situati nelle safe zone. Un semplice machete se unito a due batterie può elettrificare e stunnare il nemico, un pugnale può essere avvelenato con della carne rancida, una mazza da baseball con dei chiodi….beh, lo sapete già. Quello di cui non siete al corrente è che le armi si usurano e spesso è necessario ricorrere alla loro riparazione pagando fior di dollari.
Rompendosi, le armi si ricurvano si sporcano e diventano sempre più inefficaci costringendoci a drastiche ritirate; stessa cosa non vale per le armi da fuoco che, a patto che abbiate costantemente il colpo in canna, non danno alcun tipo di problema.
E’ proprio il senso di precarietà che rende Dead Island, durante le fasi esplorative, un survival horror: alcune armi si consumano più velocemente di altre, i soldi non bastano per potenziarle o ripararle e le munizioni non sono mai abbastanza, così come le tacche dei punti ferita. Si gioca sempre con il timore di perdere tutto quello che si possiede, nella speranza di trovare qualcosa o qualcuno con cui cooperare. Già, perché quando gli npc non ci soddisfano più, interviene l’online in soccorso, con sessioni che permettono di ospitare fino a tre giocatori e di avere la stessa esperienza di gioco grazie ad un sistema di sharing delle quest. Questo aspetto, seppur non condiviso da molti perché “rovina il pathos del gioco”, lo abbiamo trovato davvero divertente e funzionale.
Sotto il profilo tecnico Dead Island regala scorci panoramici di grande maestria. Affacciarsi da una scalinata ad osservare la costa presidiata da palafitte contornate da acqua cristallina e finissima sabbia bianca o ancora giungle dalla fittissima vegetazione e paludi melmose… tutti gli elementi sono stati sistemati sulla mappa con cura e risultati eccellenti. Di contro però vi sono animazioni dei personaggi legnose e l’interazione con l’ambiente che rasenta lo zero. Se, ad esempio, calciamo uno zombie contro una sedia, quest’ultima rimarrà immobile e “piantata” al terreno. D’altro canto vi è poco tempo per badare a certi dettagli quando vi sono delle aree di esplorazione talmente vaste e varie da far passare tutto in secondo piano.
Fantastico, per quanto macabro, il sistema con cui gli zombies perdono arti, si oscurano a seguito di una bruciatura da ustione e si feriscono sotto i nostri colpi. Non esiste doppiaggio in italiano ma soltanto sottotitoli, il comparto sonoro spazia generalmente da quelli ambientali alle grida strazianti di chi sta per essere divorato o ai classici mugolii dei resuscitati.
Dead Island si è rivelato un ottimo intermezzo per questo inverno carico di titoli dalla tripla A. Non neghiamo la fifa nel vedere alcuni zombie sfrecciare verso di noi come dei cavalli imbizzarriti e colpirci fino alla morte o altri, apparentemente morti, saltarci addosso. Tutto ciò che si vede all’orizzonte è esplorabile ed avere l’opportunità di farlo con un gruppo di amici online arricchisce notevolmente l’esperienza di gioco, data anche la mole delle quest. Ci sono alcune imperfezioni tecniche/grafiche che non gli permettono di raggiungere il massimo dei voti ma d’altro canto, a chi interessano queste quando c’è di mezzo una buona dose di longevità? Siete pronti per vivere la vacanza dell’anno?