In questo preciso momento storico avere tra le mani un MMORPG survival per noi videogiocatori può essere una buona distrazione dalla realtà, o quantomeno più del solito.
Quando vidi per la prima volta le immagini di Last Oasis, realizzato dai ragazzi della software house polacca Donkey Crew, rimasi particolarmente colpito dalla loro visione. Se potessi paragonare questo titolo ad una pellicola cinematografica, direi che è un misto tra Mad Max , Waterworld e Dune per tutta una serie di elementi che approfondiremo a breve.
A causa di un cataclisma la Terra ha smesso di ruotare su se stessa generando due vasti biomi ben distinti e separati, ovvero ghiacciai e deserti. Tra questi si estende una piccola porzione abitabile in cui sorge l’itinerante Flotilla, la città dalla quale i “Nomadi” partono per lunghe spedizioni verso le “oasi” con i loro fidati “Walkers”, alla ricerca di risorse e di tanta fortuna poiché il ritorno non è affatto assicurato.
Risvegliarsi nelle terre aride di un’oasi, dopo aver creato il proprio personaggio in un’apposita schermata, fa un certo effetto. La prima cosa che risalta all’occhio, oltre ad un’interfaccia completamente tradotta in italiano, è proprio l’ambiente circostante.
Ricordo distintamente di aver subito rivolto la telecamera verso il cielo per capire se quanto raccontato nell’introduzione avesse un effettivo riscontro ingame; dopo pochi istanti una spettacolare eclissi ha avvolto il pianeta in un’oscurità totale rivelando ai miei occhi una luna quasi del tutto distrutta.
Successivamente a questa visione ho iniziato a farmi guidare dal gioco fino al livello 20 attraverso una serie di missioni tutorial che mi hanno permesso di sbloccare alcune tecnologie utili al proseguimento dell’avventura.
Diversamente da quanto accade nei titoli dello stesso genere con elementi RPG, in Last Oasis l’albero delle tecnologie non è legato al level-up, pertanto non esistono le “classi” e chiunque può specializzarsi liberamente in ciò che preferisce e, cosa più importante, può indossare qualsiasi tipologia di equipaggiamento. Ad ogni modo, per progredire nell’albero delle tecnologie è necessario essere in possesso dei “frammenti”, delle speciali pietre che vengono lasciate cadere dagli scimmieschi “Rupu” una volta sconfitti oppure aprendo le casse presenti all’interno di vecchi relitti abbandonati (generati randomicamente sulla mappa ndr).
Raccolti abbastanza frammenti bisogna poi scegliere a cosa dare priorità; nel mio caso ed in base alla mia esperienza, ho optato per i primi rudimentali strumenti da lavoro così da velocizzare la raccolta delle risorse primarie. Così facendo sono riuscito a costruire il mio primo “Firefirly Walker” ed a spostarmi con destrezza lungo tutta l’oasi, ma su questo aspetto torneremo in un secondo momento.
Facendo un breve passo indietro molti di voi si staranno chiedendo a cosa possono servire l’acquisizione di punti esperienza ed i consecutivi level-up se armi, armature, strutture, strumenti e walkers vengono sbloccati con i frammenti. I punti guadagnati ad ogni passaggio di livello possono essere collocati nelle uniche quattro statistiche del nostro nomade ovvero: danni, agilità, resistenza e vitalità. Sebbene queste statistiche non necessitino di una particolare spiegazione - in quanto è facilmente intuibile la loro funzione - è invece importante sottolineare come siano tutte fondamentali ai fini della sopravvivenza; un esempio tra tutti è l’acquisizione di una certa velocità di movimento con l’aumentare dell’agilità, utilissima quando bisogna scappare da una situazione scomoda o raggiungere velocemente a piedi un punto specifico della mappa.
Last Oasis è un gioco PvPvE e, sin dalla prima oasi dove apparirete, ci sarà sempre un altro nomade pronto a darvi una bastonata in testa per rubarvi qualsiasi cosa abbiate nell’inventario.
Non ho propriamente condiviso la scelta di rendere le prime fasi di gioco una carneficina tra giocatori ma ho apprezzato il sistema che in automatico consente ad essi di proteggere le proprie risorse fondamentali in caso di morte. In poche parole, il PvP fino al livello che ho appena specificato è totalmente inutile in quanto l’avversario non riceverà nulla di vostro; al contrario, una volta usciti da quella che mi piace definire come “oasi tutorial”, le cose cambiano radicalmente e bisogna sempre guardarsi le spalle.
Proprio per questo motivo è a dir poco essenziale apprendere il sistema di combattimento che, similmente a quello di For Honor, permette di direzionare sia l’attacco che la parata. Prendere confidenza con questa meccanica richiede diversi scontri ravvicinati con i Rupu ed i giocatori avversari; fortunatamente con i primi l’interfaccia di gioco viene in aiuto, indicando esattamente da quale lato arrivano i fendenti. Durante il puro PvP, invece, devono essere i nostri riflessi a comandare sia la parata che l’attacco in base ai movimenti dell’avversario; in questo caso anche un buon equipaggiamento può fare la differenza.
Parliamo adesso dei Walkers, l’aspetto che più di ogni altra cosa mi ha entusiasmato di questa produzione firmata Donkey Crew.
Immaginate di vedere questi enormi e pesanti mezzi alati sospinti dal vento sfrecciare l’uno accanto all’altro nelle vaste dune delle oasi con a bordo un imprecisato numero di nomadi che si danno battaglia, saltando in ogni dove con i loro inseparabili rampini, bellissimo!
I Walkers non sono soltanto un mezzo di locomozione ma una vera e propria estensione del singolo giocatore, anch’essa personalizzabile in diversi aspetti. Volete crearne uno da guerra? Rafforzatene lo scafo e dotatelo di torrette. Volete piuttosto adibirlo al trasporto di risorse? Aumentatene la capienza al suo interno e miglioratene la coppia e le ali, così da riuscire a divincolarvi velocemente dalle grinfie dei malintenzionati. I Walkers possono essere adattati a qualsiasi stile di gioco. Che siate in gruppo o lupi solitari, vi imbatterete necessariamente in questa interessante meccanica. Questi, inoltre, possono addirittura trasportare intere basi attraverso un rapido sistema drag and drop. Tale opzione è stata ideata principalmente per un unico motivo: tutte le oasi hanno un tempo entro il quale decadono fino a scomparire letteralmente dal server.
Viaggiare da un’oasi all’altra è una routine con cui ho dovuto fare i conti sin da subito e sarebbe stato alquanto inutile, in termini di spreco di risorse e di tempo, costruire una base nel deserto per poi doverla abbandonare definitivamente. Di conseguenza ho ben pensato di ergere quattro mura al cui interno ho sistemato delle casse e dei macchinari per la produzione di risorse più complesse ed una volta conclusa la mia sessione di crafting ho caricato tutto all’interno del Walker spostandomi altrove.
Come se non bastasse, in caso di morte è possibile rinascere in questa sorta di castello errante di Howl a patto di avere immagazzinato abbastanza acqua nei suoi serbatoi. Già perché l’acqua, così come la salute e la stamina, sono le uniche tre barre dell’interfaccia che bisogna sempre tenere piene; soprattutto le prime a meno che non si voglia svenire nel mezzo del nulla ed alla mercè di tutti.
Per comprendere meglio la conformazione del mondo di gioco è necessario immaginarlo come una sorta di alveare dove ogni singolo esagono corrisponde ad un’oasi. Man mano che queste terre vanno demolendosi nel tempo ne appaiono di nuove, suddividendosi per difficoltà e - quindi - per risorse reperibili al loro interno.
Nelle oasi di livello “hard” ad esempio, rilasciate con l’ultimo aggiornamento di gioco, è possibile imbattersi in quello che potremmo definire come un world boss; vale a dire un gigantesco granchio dalla corazza d’osso in grado di arrecare ingenti danni persino ai Walkers più corrazzati. Inoltre, in ogni mappa è presente un mercato gestito in parte dai giocatori: una zona franca dove ognuno può vendere o comprare qualsiasi oggetto esistente ad un determinato costo di “Flots”, la moneta di gioco. Tali mercati di fatto generano una precisa domanda/offerta facendo vestire i panni di mercanti a tutti quei giocatori interessati ad arricchirsi mediante la compravendita di risorse da un territorio all’altro.
Nella roadmap degli sviluppatori sono presenti altri contenuti interessanti, vere e proprie oasi-evento dove i nomadi potranno scontrarsi con giganteschi vermi delle sabbie oppure esplorare enormi crateri stracolmi di minerali preziosi, oltre ad immancabili nuovi modelli di Walkers da craftare.
Last Oasis è stata una bella scoperta che ha purtroppo sofferto di un lancio non proprio favorevole ma che, dal mio punto di vista, è stato gestito con molta professionalità e trasparenza.
Attualmente lo potete trovare in early-access su Steam ed ovviamente questo suo stato di sviluppo non lo esime da disconnessioni dal server e non brilla di certo per le animazioni dei protagonisti, tuttavia bisogna ammettere che la maggior parte delle nostre sessioni le abbiamo trascorse divertendoci senza troppi intoppi. Potete affrontarlo in solitaria, evitando gli sguardi minacciosi dei clan formatisi in queste settimane, magari ricoprendo il ruolo di commercianti oppure in gruppo, condividendo le proprie risorse ed i preziosi Walkers.
La strada per un MMORPG survival di successo è ancora lunga e Last Oasis ha già buttato in tavole alcune delle sue carte migliori, riteniamo che i prossimi mesi saranno determinanti.
Non ci rimane che Augurare il meglio ai ragazzi di Donkey Crew. Ci vediamo nel deserto, nomadi!