Molti anni sono passati da quando ho acceso la mia prima console e nonostante questo riesco ancora a stupirmi di come sia possibile creare delle realtà virtuali quasi tangibili. I progressi fatti dagli sviluppatori delle software house mi proiettano spesso in un futuro dove realtà e finzione possono coesistere, ben radicati nella nostra società, che già adesso sta lentamente integrandosi in un’era altamente tecnologica. Ho da poco rivisto il corto dei ragazzi di Quantic Dream intitolato Kara e non posso negare l’elevato grado di coinvolgimento che è in grado di trasmettermi. Ho sempre creduto che vi sia un filo conduttore sottilissimo tra videogames e cinema per via delle emozioni che vengono sprigionate a “comando” durante l’ascolto di una traccia audio, quando entriamo in contatto visivo con un attore, quando la sua storia diventa la nostra, quando i suoi occhi cercano la nostra ragione celata da un futile schermo. Ebbene Kara ha una sua personalità, una sua quasi perfetta mimica facciale ma non è reale; Kara è la proiezione virtuale di una persona in carne ed ossa. Un’attrice infatti le ha prestato il corpo, le labbra e gli occhi mentre qualcun altro ha montato ad-hoc una parte da recitare. Lo hanno fatto dannatamente bene. Sorge spontanea la domanda se un giorno potrà accadere tutto ciò, se sarà possibile innestare una coscienza ad una intelligenza artificiale e se potremo interagirvi senza ricevere una reazione scontata, prevedibile. Un pò come accade nel film Nirvana di Gabriele Salvatores dove il personaggio di un videogioco, interpretato da Diego Abatantuono, si ribella al suo programmatore chiedendogli di essere cancellato e liberato dalla routine. Ammetto di sognare spesso ad occhi aperti, influenzato da ciò che vedo e provo, ma sono più che sicuro che il domani, non tanto lontano, ci riserva sorprese in grado di alterare i nostri sensi attraverso sistemi più immediati. Avremo l’onore di confrontarci con le nuove generazioni e di poter affermare: “Io c’ero. Quel periodo l’ho vissuto”.