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NELL'OCCHIO DEL SERPENTE

Speciale a cura di Luca 'Königsberg ' Rungi il 07/10/2019

Premessa: l’articolo che segue è l’adattamento di un post corposo pubblicato un pomeriggio su un social network. Per trattare in maniera davvero approfondita la saga servirebbero pagine e pagine se non libri interi (che non a caso qualcuno si è preso la briga di scrivere e distribuire). Ringrazio davvero Claudio per avermi proposto di pubblicare in questo spazio ciò che segue e Luca Papale (autore e collaboratore di diversi testi di game studies) per avermi incoraggiato a riaffrontare questa saga con occhi nuovi. Mentre sto sistemando il pezzo, inoltre, sono fresco di lettura dei file disponibili nel menu principale di Metal Gear Solid 2 che riassumono e affrontano il capitolo precedente per la prima PlayStation. Ciò mi ha permesso di confermare alcune riflessioni scaturite mentre riaffrontavo quest’ultimo titolo, tutt’oggi incredibile e godibilissimo a più di vent’anni dalla sua prima pubblicazione. Curiosità: la revisione di questo articolo è stata affrontata mentre riascoltavo la colonna sonora originale completa proprio di Metal Gear Solid.
È da un po' di giorni che ho in mente di mettere nero su bianco questo discorso, ma ogni volta rimando perché potrebbe volerci un po’ di tempo e inoltre si tratta di un argomento che ha diviso da sempre: la figura di Hideo Kojima in quanto autore.

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Personalmente, fino a un annetto fa non mi ero mai davvero informato su di lui, non avevo affrontato molte sue opere e ne avevo terminate ancora meno (solo MGS2, per la precisione). In compenso il Natale scorso ho letto il saggio Metal Gear Solid: l'evoluzione del serpente di Bruno Fraschini, testo molto interessante parte della collana di Ludologica curata da Matteo Bittanti e Gianni Canova, che analizza, nella prima parte, alcuni concetti dei game studies e in seguito le trame e le tematiche ricorrenti dei primi 4 esponenti della saga: Metal Gear e Metal Gear 2: Solid Snake per MSX2, per poi proseguire con MGS e MGS2 per le piattaforme Sony. Ho riletto questo testo proprio di recente, in previsione di una diretta Twitch proprio sul primo episodio per PS1.
Dopo aver fatto ciò, ho deciso quindi di giocare questo titolo che avevo già affrontato, senza finirlo, quando ero molto e probabilmente troppo giovane per poter andare oltre l'apparenza di un gioco di spionaggio/azione scandito da scene di intermezzo e nemici pittoreschi. Affrontarlo dopo aver ripassato il testo di Fraschini, tuttavia, mi ha permesso di avere una chiave di lettura, combinata anche con un tipo di fruizione differente dettata dalla mia età attuale. Trovo infatti che molti utenti delle mia generazione (1990, per la precisione) o di quelle limitrofe abbiano, per quanto sicuramente apprezzato a livello ludico, giocato i Metal Gear quando erano troppo giovani per carpirne i messaggi di fondo e le sfumature. Il doppiaggio italiano assolutamente demenziale e obiettivamente imbarazzante ha inoltre inficiato enormemente sulla caratterizzazione dei personaggi e sui temi affrontati. Personalmente, l'unico che ritengo abbia un’impostazione da doppiatore vera e propria sia Andrea Piovan, che interpreta il direttore della DARPA Donald Anderson. Inizierò a prendere a piene mani dal saggio sopracitato (che consiglio caldamente) da adesso, cercando al tempo stesso di condirlo rispettosamente con considerazioni personali.

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Tutti i capitoli di Metal Gear (con o senza Solid) posseggono una tematica centrale, ma ve ne sono anche parecchie ricorrenti che, nel caso di MGS, ci vengono presentate addirittura prima ancora che il gioco abbia effettivamente inizio. Dal menu principale, infatti, possiamo riprodurre delle registrazioni della sezione “Briefing”, minimali dal punto di vista grafico ma di grande effetto. È proprio qui che riscontriamo subito gli elementi che seguono.

Tutto questo viene accennato (esempi precisi di eventi di gioco esclusi, chiaramente), ancor prima di premere su New Game. Ma le tematiche ricorrenti non si fermano qui e non sono neppure limitate a questo articolo (non si può dimenticare, per esempio, il problema dell’identità o la fortissima autoironia sempre presente e che colpisce chirurgicamente al momento giusto), che vuole solo ravvisare su quanto la potenza di questi titoli sia passata quasi inosservata all’epoca e in qualche misura anche oggi. Complice, forse, l’allora età del medium, degli utenti e della critica stessa. Ma proseguiamo senza perdere di vista il fulcro dell’articolo.

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La guerra, elemento centrale e teatro della saga intera, non solo porta distruzione e dolore per il profitto di pochi, ma, proprio come un virus, intacca i bambini che si trovano in circostanze di conflitto, portandoli spesso verso la strada delle armi una volta cresciuti. Questa tematica delicata viene trattata persino in Metal Gear 2: Solid Snake nel 1990, sia in alcuni dialoghi che nel corso della partita (Solid Snake infatti incontrerà dei bambini cresciuti nella base in cui si sta svolgendo la missione di spionaggio e potrà interagire con loro). Nel caso di MGS, il personaggio che porta questa eredità è sicuramente Sniper Wolf, che negherà per l’ennesima volta al giocatore di provare soddisfazione nell’aver sconfitto un boss di gioco. Nei suoi ultimi minuti, sulla neve del cortile nevoso della base di Shadow Moses, farà scivolare la storia di un’infanzia rubata in Kurdistan, scandita dalla perdita di cari e dalla paura quotidiana, paese su cui il mondo aveva deciso di chiudere un occhio (“the world turned a blind eye on us”).
A questo proposito, un’operazione molto interessante che svolge Hideo Kojima in fase di scrittura è quella di donare una personalità, un passato e delle motivazioni alla figura del terrorista (che spesso è semplicemente nemico degli interessi degli USA o che si è ribellato al giogo americano dopo averne fatto parte). Ciò è un'operazione in netta contrapposizione con la consuetudine della disumanizzazione del nemico, operata dalla propaganda in tempi di guerra e anche oggi da alcuni spara-tutto in prima persona molto popolari evidentemente in favore degli Stati Uniti. A questo proposito, vorrei tirare in ballo Psycho Mantis, membro dell’unità temibile FOXHOUND e legata al progetto di sperimentazione genetica Les Enfants Terribles (le citazioni cinefile con Kojima, inutile dirlo, si sprecano), che in una scena memorabile proverà a sedurre Snake controllando la mente di Meryl finendo invece per spaventarlo. Questo è dovuto al fatto che Mantis è totalmente all'oscuro delle dinamiche di seduzione ed erotismo e finisce quindi per tradirsi nonostante egli abbia un potere temibile. Ancora più interessante è il fatto che Mantis si sia unito a Liquid, capo di Fox Hound, perché "volevo solo uccidere quante più persone possibile". Dove sta l'inghippo? Semplice. Liquid (capo dei “terroristi”) e FOXHOUND stessa, di fatto fanno parte delle risorse militari degli Stati Uniti, impiegati, come risulta anche nei file testuali presenti nel menu principale di MGS2, in operazioni militari in cui gli USA non avrebbero potuto intervenire ufficialmente senza destare l’indignazione delle organizzazioni internazionali. È anche corretto presumere che a Psycho Mantis non importerebbe nulla della morte di milioni di persone a causa di un ordigno atomico, in quanto il suo desiderio è probabilmente torturare e uccidere personalmente. Di conseguenza, Psycho Mantis si è unito a FOXHOUND, corpo speciale segreto degli USA, per poter uccidere.

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Come anticipato in apertura, ci sarebbero molte altre cose di cui discutere e ci auguriamo che questa lettura vi abbia incuriosito per continuare questo percorso che, ritengo, dovrebbe essere prima o poi (ri?)affrontato da tutti i giocatori senza pregiudizi alcuni sull’autore di questa saga di culto, spesso dovuti, ritengo, a un eccesso di autostima in realtà messa in essere dagli utenti stessi (il famoso “tocco di Kojima”). Dopo aver visionato alcune interviste e documentari, ho avuto l’impressione che Hideo Kojima sia una persona normalissima, tranquilla e che, semplicemente, mette tutto se stesso nei personaggi e nelle vicende che realizza, in fondo, per noi oltre che per “vocazione” e soddisfazione personale. In chiusura, per la rubrica dei consigli di letture, un titolo che mi è stato consigliato sempre da Luca Papale, oltre al testo di Bruno Fraschini che riporto (Metal Gear Solid: L’evoluzione del serpente), è The Kojima Code di Terry Wolfe, su cui però non posso ancora esprimermi in quanto non ancora visionato.
Dopo tutte queste parole faccio io una domanda a voi: qual è il vostro rapporto con questa serie? Pensate che queste chiavi di lettura possano aiutarvi a rivalutarla o riscoprirla? O lo avete già fatto in quel periodo? Mi è stato riferito infatti di forum di nicchia in cui si cercava di far risaltare tutte queste tematiche, spesso però derise e rifiutate indubbiamente in forza da una percezione del medium ancora considerato come mero intrattenimento privo qualsivoglia carica politica.

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